Quando si vuole scrivere qualcosa a proposito di Michael
Phelps si corre sempre il rischio di risultare banali. Ormai ogni aggettivo
superlativo e ogni soprannome è stato usato per descriverlo, ma voglio provarci
lo stesso.
Stasera, con la staffetta 4x100 mista, calerà
definitivamente il sipario sulla sua carriera unica e inimitabile, apertasi nel
2000 alle Olimpiadi di Sidney. In quella occasione non portò a casa nessuna
medaglia, ma quello rappresentò il punto di partenza per tutti i successi
futuri e, soprattutto, lì battè il primo dei tanti record fatti registrare in
seguito: a soli 15 anni fu il più giovane nuotatore statunitense a qualificarsi
per i Giochi.
Da lì Phelps ha iniziato a inseguire una medaglia dopo
l’altra, a battere un record dopo l’altro, macinando km su km in vasca, non
tralasciando neanche i giorni festivi perché in questo modo poteva guadagnare
più ore di allenamenti. “Mangiare,
dormire e nuotare, è tutto quello che so fare” dichiara nelle interviste.
Ma sa nuotare come nessun altro al mondo, come nessun altro prima di lui. Il
nuoto si potrebbe dividere in a.p. e p.p., ovvero AntePhelps e PostPhelps.
Tutti quelli che hanno gareggiato prima non hanno mai raggiunto i suoi livelli,
tutti quelli che arriveranno dopo risulteranno secondi: il primo resterà per
sempre Mike.
Stasera, quando probabilmente concluderà la sua formidabile
carriera con un’ultima medaglia, mi alzerò in piedi dal divano e lo applaudirò
dalla tv. So già che piangerò, ma non me ne vergogno e non mi importa. Saranno
lacrime di malinconia perché la sua presenza mancherà, nessuna competizione sembrerà
più la stessa senza di lui. Ma saranno anche e soprattutto lacrime di gioia
perché ho avuto la fortuna di poter ammirare le imprese di questo ragazzo
27enne. Sembra che nessuno se lo ricordi mai, ma Michael Phelps prima di tutto
è un ragazzo normale, come tutti gli altri.
E’ per questo che piace a tutti. Mike è uno di noi, un
ragazzo di provincia che ha iniziato a nuotare per imitare le sorelle più
grandi. Rifugiarsi in acqua per sfuggire ai problemi della vita. Quando metti
la testa in vasca dimentichi il fatto di non avere un padre che ti aiuti a
crescere o che ti hanno diagnosticato l’ADHD (sindrome da deficit di attenzione
e iperattività). Inoltre in vasca non si vedono le orecchie troppo grandi che
ti incorniciano il viso: metti la cuffia, gli occhialini e alla partenza dai
blocchi tutti sono uguali, nessuna differenza, perlomeno fino al tuffo. Perché
appena Michael inizia a gareggiare la differenza tra lui, alieno, e gli altri,
comuni mortali, si nota, e ad ogni bracciata si fa sempre più insistente.
Al Bello/Getty Images Sport |
Ma qualcosa che non va resta sempre. Dopo le Olimpiadi di Atene
nel 2004 fu trovato ubriaco alla guida. Dopo le Olimpiadi di Beijing nel 2008
sulle copertine dei giornali di ogni paese del mondo comparve una sua foto
mentre fumava marijuana a una festa universitaria. Perde diversi sponsor,
chiede scusa in pubblico, paga i suoi errori e ricomincia: mangiare, nuotare,
dormire.
“Un tipo solitario” lo definisce Bob Bowman, il suo allenatore/secondo
padre/mentore/guida/esempio da imitare/socio in affari. Ma anche un tipo che
dopo Pechino decide di prendersi una pausa e di cominciare a vivere veramente
la sua vita, perché 24 anni si hanno solo una volta e non si può passare tutta
la gioventù in acqua. E’ così che Mike scopre la vita, quella normale, di tutti
i giorni, fatta di uscite con gli amici, di poker, videogiochi, feste,
divertimenti. Poi torna a nuotare e deve fare i conti con qualche sconfitta di
troppo. Sconfitta, questa parola nel vocabolario di Mike era definitivamente
scomparsa, ma lui si mostra un vero mito anche in questo: non si scompone di
fronte agli ostacoli, analizza le gare e ricomincia ad allenarsi giorno dopo
giorno per tornare ad essere il solito Kid di Baltimora.
Arriviamo a London 2012, l’ultima Olimpiade per Phelps,
l’ultima competizione in assoluto prima di appendere cuffia e occhialini al
chiodo. Decide di partecipare “solo” in sette gare per concentrarsi sulle
staffette e potersi godere il Villaggio e l’atmosfera a cinque cerchi.
Finalmente libero dal peso degli 8 ori da conquistare, ma ancora con gli occhi
puntati addosso. Alla conferenza stampa di presentazione dei Giochi tira fuori
il cellulare e scatta una foto ai giornalisti presenti: it’s the last time. Poi
incominciano le gare e nei 400 misti si classifica quarto. Uno schifo per un
atleta abituato a vincere o quantomeno ad arrivare sul podio.
In seguito
guadagnerà due argenti, nella 4x100 e nei 200 farfalla, dove non veniva
sconfitto da Sidney 2000. I media lo danno per spacciato, nonostante in questo
modo abbia sorpassato la ginnasta Latinina nel computo totale delle medaglie
olimpiche, ma Mike rinasce sempre e conquista tre ori: 4x200, 200 misti e 100
farfalla.
Reuters/Michael Dalder |
Tutti si ricorderanno del Phelps “Cannibale”, capace di
portare a casa 8 medaglie del metallo più pregiato a Pechino, o di quello di
Londra quando ha battuto ogni altro sportivo. Beh, io vado controcorrente: me
lo voglio ricordare così, poco più che bambino, 15enne, a Sidney, quando
sembrava non rendersi conto di dove si trovasse, completamente spaesato; quando
guardava i giornalisti che gli si paravano di fronte con occhi impauriti come a
chiedere: “Ma che volete da me? Io sono qui solo per nuotare”; quando ogni cosa
del mondo sembrava stupirlo, prima che fosse lui a stupire quello stesso mondo.
Grazie per tutto Mike.......ci mancherai e non immagini
neppure quanto!
Alfy/ Valeria
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