Citazioni olimpiche

"Come nelle Olimpiadi sono incoronati non i più belli e i più forti, ma quelli che partecipano alla gara (e tra di essi infatti vi sono i vincitori), così nella vita chi agisce giustamente diviene partecipe del bello e del buono."

ARISTOTELE

"I primati mondiali sono fatti per essere battuti, un oro olimpico resta per sempre."

USAIN BOLT

"L'Olimpiade vince con gli sport poveri, ma vince anche con i campioni del superprofessionismo. L'Olimpiade è una parentesi tra le contraddizioni dello sport, viaggia tra le angustie e gli splendori del mondo, non maschera nulla, non ci fa dimenticare tragedie e ingiustizie, difende faticosamente valori. Benedetto sia chi la concepì e chi la fece rinascere. Nulla di più bello ho visto sgorgare dalla fantasia dell'uomo."

CANDIDO CANNAVO'

lunedì 23 luglio 2012

(-4) Vivere per raccontarla...

Dal Blog di Mauro Berruto (allenatore della Nazionale italiana di volley maschile)
http://www.mauroberruto.com/2012/07/vivere-per-raccontarla/ 
“La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla” (Gabriel Garcia Marquez)
 
Valigia finita. Tardi, come al solito. Non c’è tempo per dormire, almeno fino a metà agosto.
Sono contento, c’è stato tutto.

Ho messo in valigia un ragazzino senza talento che giocava a pallavolo in una piccola società di Torino che si chiamava Vega. Come la stella. Portava il numero 9, una maglia biancorossa e ancora si ricorda il nome del suo primo allenatore. Chissà dove sarà finito, mi piacerebbe raccontargli che (tra l’altro) a quel ragazzino senza talento piaceva un po’ di più il basket.

Ho messo in valigia le partite all’oratorio di San Bernardino, l’idea con altri amici di fondare un gruppo sportivo, si chiamava Coordinamento Giovanile San Paolo, e il conseguente primo corso da allenatore di pallavolo, alla PGS, perché il corso di basket era pieno.
Ho messo in valigia la palla del primo campionato vinto da allenatore, la 3 divisione femminile: campo di gara la palestra della Scuola Media Alberti di Torino. Era molto piccola, i muri a un metro dalle linee laterali. Tanto piccola che sono riuscito a farla stare in una valigia.

Ho messo in valigia la sede intera del CUS Torino, con tutti quelli che li dentro ho conosciuto. La mia vera casa sportiva, Via Braccini, dove ho allenato bimbi della scuole elementari, ragazzi del settore giovanile per poi fare il secondo allenatore dalla B2 alla A2 e spaccare un numero indefinito di videoregistratori che si usavano per fare i montaggi con le cassette VHS.

Poi ho messo in valigia venti anni di questa professione. Venti anni di pallavolo, praticamente tutti i santi giorni. Venti anni di atleti, di amici, di persone a cui ho voluto molto bene, di persone che ho odiato. Venti anni passati in giro per l’Italia e in 3 nazioni diverse.

Ho messo in valigia il giorno in cui portai Torino dalla B1 alla A2 e quello in cui portai Piacenza dalla A2 alla A1. Tecnicamente si chiamano riti di passaggio. Succede qualcosa e tu non sei più quello di prima. Non sei né meglio né peggio. Semplicemente sei un altro.
Ho messo in valigia la Grecia e una casa al centro del Pireo dove ogni notte la sfida era con una colonia di scarafaggi che usciva dal tubo del lavandino della cucina. Ma anche la meravigliosa casa di Glyfada e, per non sbagliarmi, mi sono portato dietro tutto il fascino e la bellezza impareggiabile di Atene.

Ho messo in valigia i comodini di tutti gli hotel dove sono stato, con sopra qualche libro e il telefono per sentire chi era a casa e mi aspettava. C’era ancora spazio e allora ho messo anche i comodini delle camere delle case dove ho vissuto a Piacenza, a Parma, a Macerata, a Padova, a Montichiari, a Monza, a Civitanova Marche. Anche li c’erano un po’ di libri e il telefono per sentire chi era a casa e mi aspettava.
Ho messo in valigia anche un altro telefono quello che ha squillato dicendomi che il primo capitano della mia prima squadra della carriera di capo allenatore se ne era andato per sempre.
Ho messo in valigia l’emozione sportiva più grande della mia vita, l’ingresso nello Stadio Olimpico di Atene nel 2004 e i litri di caffè bevuti la notte prima della finale quando le cose da fare e la voglia di trovare il mio modo di aiutare la nostra squadra non mi permetteva di spegnere il computer.

Ho messo in valigia 6 anni di Finlandia. Lingua, cultura, abitudini estremamente diverse dalle mie. Ho messo in valigia le magliette usate, tirate fuori da un sacco nero dell’immondizia e distribuite a caso per il primo allenamento della mia nazionale e poi tutti i 7500 spettatori presenti a Tampere il giorno in cui la Finlandia vinse con il Brasile.
Ho messo in valigia un ristorante intero, di Foligno, dove per la prima volta compresi che forse qualcuno stava pensando a me per allenare la Squadra Nazionale del mio paese.
Porto con me una bandiera tricolore che sogno di poter rappresentare non solo con dignità ma con l’orgoglio feroce di chi vuole dimostrare che questo paese è mille volte meglio di quello che gli altri (e qualche volta anche noi stessi) pensano e pensiamo sia.

Ho messo in valigia un cartellino giallo preso nella finale dell’Europeo e un album pieno di emozioni che questa Squadra Nazionale mi ha regalato in 14 mesi meravigliosi.

Ho messo in valigia tutto quello che la pallavolo mi ha dato e anche quello che mi ha tolto. Ho messo in valigia urli di gioia e lacrime di tristezza. Felicità pura e arrabbiature da star male. Abbracci, litigate, pugni al cielo di felicità e pugni sbattuti contro un muro dalla rabbia.

Ho messo in valigia un televisore in bianco e nero, sopra al frigo, che trasmette le immagini del “perfect ten” di Nadia Comanaci ai Giochi Olimpici di Montreal del 1976 ed è uno dei primi ricordi strutturati della mia vita. Pazzesco come un’immagine in bianco e nero possa sembrare così colorata.

Le persone del mio staff e 12 atleti straordinari non li porto io. Sono loro che portano me e sono quelli che devo ringraziare se questa valigia l’ho potuta riempire. Sogno di poter restituire loro qualcosa, in qualunque modo e a qualunque costo.

Porto tutto con me.

Tutto.

Tutti.

E anche le foto di due bimbi tenuti entrambi in braccio per poche ore nel loro primo giorno di vita, prima di tornare di corsa dalle mie squadre.

Adesso vado, arrivo in anticipo a Linate, visto che temo di dover pagare un po’ di bagaglio extra.

Non voglio perdere l’aereo. E’ una vita che lo aspetto.
 
Mauro

Nessun commento:

Posta un commento