Citazioni olimpiche

"Come nelle Olimpiadi sono incoronati non i più belli e i più forti, ma quelli che partecipano alla gara (e tra di essi infatti vi sono i vincitori), così nella vita chi agisce giustamente diviene partecipe del bello e del buono."

ARISTOTELE

"I primati mondiali sono fatti per essere battuti, un oro olimpico resta per sempre."

USAIN BOLT

"L'Olimpiade vince con gli sport poveri, ma vince anche con i campioni del superprofessionismo. L'Olimpiade è una parentesi tra le contraddizioni dello sport, viaggia tra le angustie e gli splendori del mondo, non maschera nulla, non ci fa dimenticare tragedie e ingiustizie, difende faticosamente valori. Benedetto sia chi la concepì e chi la fece rinascere. Nulla di più bello ho visto sgorgare dalla fantasia dell'uomo."

CANDIDO CANNAVO'
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sabato 19 luglio 2014

Tifosa di un ciclismo che (forse) non c'è più

Il ciclismo è uno degli sport più faticosi che ci sia. Quand'ero piccola mi entusiasmava vedere come i corridori fossero in grado di resistere alle faticose salite delle Alpi sotto qualsiasi condizione climatica. Vedevo i loro volti contorcersi in una smorfia di dolore, come se fossero sul punto di cedere, fermarsi e dire basta, ma nessuno mollava, nonostante tutto. 
Sono cresciuta con le imprese di Marco Pantani, il mio primo grande idolo sportivo insieme a Paolo Maldini. Ricordo con commozione mio padre che, appena Marco iniziava ad alzarsi sui pedali, si alzava dal divano e cominciava ad incitarlo e a muoversi, saltare, dimenarsi come se così potesse davvero aiutarlo a superare la fatica. 
Poi, il buio. Basta solo nominare una piccola cittadina montuosa, Madonna di Campiglio, per portare alla mente ricordi spiacevoli. Nella mia memoria di bambina ho cancellato quel giorno, come se non fosse mai esistito. Dopo quel maledetto 5 Giugno la mia (e di mio padre) passione per il ciclismo è andata sfumando anche se non se n'è andata del tutto.

Io sono una di quelle che quando sente la canzone "E mi alzo sui pedali", scritta da Gaetano Curreri, si commuove.
Io sono una di quelle che sogna di andare a vedere una tappa del Giro sui monti alpini insieme al padre.
Io sono una di quelle cresciuta con le immagini del Pirata che scalava ogni salita con grinta e coraggio.
Io sono una di quelle che quando sente la parola "Pirata" pensa a Marco.
Io sono una di quelle che considerano Pantani un idolo, non un dopato.


Ansa

Ma..c'è un ma, come in ogni storia che si rispetti. Sono una tifosa dello sport, ovviamente pulito, e ogni volta che vedevo un ciclista italiano infiammare le salite del Tour o del Giro mi entusiasmavo come quando, poco più che neonata, feci con Marco. Credevo in quell'atleta, ero felice per lui, pensavo che in fondo con Pantani non era finito il ciclismo, che altri potevano andare a colmare in parte il suo vuoto. E puntualmente ogni volta venivo categoricamente smentita. Riccò, Di Luca, Basso (anche se la sua storia è diversa dagli altri, l'unico che invece di cercare scuse si è preso tutte le sue colpe).....sono solo i primi nomi che mi vengono in mente, ma potrei citarne molti altri. Queste storie mi hanno fatto guardare a questa disciplina con un occhio più distaccato, non sento più il cuore battere forte quando vedo un corridore scattare in salita, ho perso gran parte della mia passione immensa.
La batosta finale è arrivata con Lance Armstrong. Appena ho sentito le sue dichiarazioni ho ripensato a Marco, a quando diceva che lui aveva pagato per tutti, che il corridore americano in primis ma tutti gli altri facevano lo stesso, se non di peggio, ma chissà perché non venivano accusati. 


Afp Photo
Ma... sono un'eterna romantica, sportivamente parlando, e vedendo Fabio Aru al Giro e ora Vincenzo Nibali al Tour ho ricominciato a sperare. Le esperienze passate non le dimentico, ora non metterei la mano sul fuoco per nessuno, ma voglio continuare a pregare che ci sia qualcuno che prenda seriamente questo sport così tremendamente difficile e drammaticamente affascinante.

Io sono tifosa di un ciclismo che (forse) non c'è più.
Une de L'Equipe du samedi 19 juillet
La prima pagina de L'Equipe di oggi

mercoledì 8 agosto 2012

In bocca al lupo Alex!

Ho seguito con attenzione la conferenza stampa di Alex Schwazer, dall'inizio alla fine. E' stata così vera e incredibilmente commovente che, ogni volta che lui si metteva a piangere, anche io mi sono trovata con gli occhi lucidi senza rendermene quasi conto. Avrei voluto quasi porgergli la mano e rassicurarlo dicendogli che tutto si sarebbe risolto.

Credo che questo giorno verrà ricordata a lungo: ogni volta che qualche atleta viene accusato di doping inizia a inveire contro tutto e tutti, dichiarando di voler fare ricorso perchè lui non c'entra nulla, ha subito una grande ingiustizia e via dicendo...

ALEX NO. Alex si è preso subito le sue responsabilità: io mi sono dopato, io VOGLIO (non devo, è ben diverso) pagare per l'errore enorme che ho commesso. Non ha messo scuse, anzi, si è mostrato davanti all'Italia intera per come realmente è: un ragazzo troppo fragile per sopravvivere in un mondo così complicato come quello dell'atletica. Mi ha fatto molta impressione vederlo in quello stato: distrutto, completamente lacerato nell'animo, non riusciva neanche a guardare in faccia i giornalisti in alcuni frangenti perchè il peso della vergogna è troppo. Appena saputa la notizia ho provato un misto di rabbia e delusione perchè Alex per me era un esempio: atleta formidabile, ragazzo speciale. Lo seguo sin dagli esordi, perciò mi sentivo tradita, come se fosse un mio caro amico o parente. Ma è durato un attimo, subito dopo ho iniziato a chiedermi il perchè: c'è sempre un motivo valido dietro al ricorso al doping da parte di un atleta di successo e quello di Alex è la FRAGILITA'




Fragile...

Perchè vedi i tuoi affetti più cari soltanto poche volte al mese e non puoi goderteli come vorresti.
Perchè appena vinci vieni esaltato come un eroe, ma appena perdi sei messo alla gogna e vieni considerato un "coglione", come ha detto lui stesso (esempio lampante: le stesse persone che dopo Pechino 2008 lo esaltavano a eroe nazionale, oggi quando si riferiscono a lui utilizzano espressioni come "il tedesco", "l'austriaco", "l'altoatesino, non è al 100% italiano").
Perchè dopo 10 mesi di allenamenti estenuanti e rinunce non sopporti un decimo posto o un ritiro da una gara importante.
Perchè, improvvisamente, dopo molti anni trascorsi a correre, non riesci più a provare quel piacere che prima ogni giorno sentivi.
Perchè si dice che un grande atleta è colui che è capace di non preoccuparsi dei commenti negativi e impropri sul suo conto, ma quando cominciano ad essere troppi e insulsi non riesci a farteli scivolare addosso.

Alex non amava più marciare, ma tutti gli dicevano che non poteva smettere, aveva troppo talento.
Alex si sentiva schiacciato dal peso che gli derivava dall'oro di Pechino.
Alex voleva uscire a tutti i costi dal mondo dello sport e ha scelto la maniera più sbagliata, ma allo stesso tempo più drastica e rapida che potesse scegliere. Se è arrivato ad un punto in cui pur di non gareggiare più è voluto ricorrere al doping vuol dire che c'era qualcosa che non andava, che la sua testa non ragionava più, che era arrivato ad un punto di non ritorno.




La gente può continuare ad attaccarlo come vuole, ognuno è libero di pensarla liberamente, ma io non mi permetto di dire nulla di inappropriato riguardo l'Alex ragazzo. Quando siamo noi a sbagliare meritiamo una seconda possibilità, quando invece sono gli altri siamo tutti pronti a puntare il dito contro il malcapitato di turno.
Ha sbagliato, è il primo a saperlo, ma parlando di questa vicenda io non utilizzerei la parola ERRORE, bensì DEBOLEZZA. Alex ha solo una colpa: l'essere troppo fragile e questo lo fa apprezzare ancor di più perchè lo rende più umano e vicino a noi comuni mortali. Se uno è capace di percorrere 50 km a ritmo di marcia lo giudichi un marziano, non una persona comune, invece oggi si è dimostrato un ragazzo normalissimo, con tutte le sue debolezze. 

Un'altra immagine che non scorderò mai è quella del padre che, intervistato, scoppia in lacrime dicendo che è stata colpa sua perchè un padre dovrebbe capire quando un figlio sta male e aiutarlo, cosa che lui non ha fatto. Mi ha riportato indietro nel tempo, alla vicenda di Marco Pantani, il primo idolo che abbia avuto da bambina. Facciamo in modo che la vicenda Schwazer non diventi un Pantani 2, lasciamogli vivere la sua vita in pace, ha diritto a costruirsi un futuro migliore, fatto di lavoro, amici, famiglia, fidanzata... una vita NORMALE. E' buffo pensare che ci sono persone che pagherebbero miliardi per ottenere una medaglia d'oro olimpica e invece chi è riuscito ad ottenerla non desideri altro che un'esistenza tranquilla.

Alex, io sono con te. In bocca al lupo per la tua vita. Se prima ti stimavo molto, dopo queste tue dichiarazioni la mia stima non è affatto diminuita, anzi.


lunedì 6 agosto 2012

Una delle delusioni più grandi della mia vita da tifosa

E' difficile prendere la tastiera e scrivere qualcosa a poche ore dalla scoperta terribile della positività all'Epo da parte di Alex Schwazer. E' un compito arduo, ma siccome aprendo questo blog ho promesso a me stessa di raccontare tutto quello che riguarda le Olimpiadi mi sento in dovere di farlo perchè anche questo, purtroppo, fa parte dei Giochi.

Schwazer. Cognome impronunciabile, che tradisce una chiara origine altoatesina. Si sa, da quelle parti la gente non si sente molto italiana nella maggior parte dei casi, ma lui va in controtendenza: ogni volta che vince qualche medaglia sventola il tricolore. E di occasioni per sventolarlo ce ne sono: bronzo mondiale nel 2005 e nel 2007, argento europeo nel 2010. Ma soprattutto: ORO OLIMPICO NEL 2008 A PECHINO. E chi se la scorda quella medaglia? Tutta Italia ha sofferto con lui lungo i 50 km del percorso, lo ha incitato, spronato e alla fine ha gioito. Abbiamo cantato l'inno con la mano sul cuore e magari ci è scappata anche qualche lacrima, di gioia ovviamente.



Campione con la faccia da bravo ragazzo, semplice, riservato, incredibilmente critico con se stesso, determinato. Diventa un idolo per i ragazzini, un giovane atleta da prendere come esempio.

E poi.... 



Basta una parola, sei lettere, e tutto viene spazzato via. E' sufficiente un secondo per distruggere ogni impresa compiuta.
DOPING. Una condanna a vita, un marchio autoimposto che resterà impresso per sempre, come un tatuaggio indelebile inciso sulla pelle, come una cicatrice che neanche il tempo riuscirà ad eliminare.

I ricordi di quelle giornate storiche non si cancelleranno mai, ma sicuramente quando d'ora in poi qualcuno pronuncerà il nome di Alex lo ricollegherà a questa vicenda e non all'oro pechinese.
La sua carriera è finita, la sua vita è stata e sarà stravolta in maniera perentoria. Ormai quello che è fatto è fatto, non si può tornare indietro. Inutile ammettere le proprie colpe o il proprio dispiacere: quando ti dopi non c'è scusa che tenga.



Ma, nonostante tutto, non riesco ad essere arrabbiata al 100%. C'è un sottile 1% che mi provoca un immenso dispiacere per lui: grande nella marcia, probabilmente troppo debole nella vita. Quando si ricorre al doping vuol dire che c'è qualcosa dentro di sè che non va, ci si deve trovare ad un punto di non ritorno per assumere sostanze che sai già essere illecite. Vuol dire che si vuole vincere a tutti i costi. Evidentemente, l'oro olimpico, da gioia incontenibile deve essersi trasformato in una medaglia di colpo pesante come un macigno. I risultati che non vengono nonostante i sacrifici, l'idea del ritiro, magari smetto, oppure no, ci riprovo, riparto da capo, perchè se ho ottenuto la vittoria più agognata da uno sportivo un motivo ci deve pur essere. 
Invece le cose non si aggiustano, non sempre c'è un lieto fine. L'unico modo per tornare ad alti livelli subito è uno, il più losco, il più antisportivo, il peggiore che si possa immaginare.




Grazie a Dio non l'ha fatta franca, da amante dello sport puro sono fermamente contro il doping, ma io mi auguro vivamente che Alex riesca a uscire fuori da questa vicenda, a vivere una vita il più normale possibile. Pagherà eccome, già sta pagando, se ne accorgerà presto di come abbia rovinato la sua esistenza. Già nei social network ho letto commenti durissimi e legittimi. 

Sono delusa, amareggiata, triste, sconsolata... ma auguro a Alex di potersi svegliare, un giorno, tranquillo, senza quel peso sul cuore che ora di certo lo sta assalendo, e di specchiarsi senza provare vergogna. 

Dovrà dimostrare di essere un vero uomo, quello che non è stato in questa occasione.





Valeria