Io non sono di Macerata, non sono una "pistacoppa" purosangue, seppur abito a una manciata di km dal capoluogo. Ma a Macerata ho vissuto cinque degli anni più belli, duri, faticosi e gratificanti della mia vita; a ogni vicolo o angolo ho legati ricordi indelebili; mi lamento come tutti del fatto che a Macerata non ci sia niente, ma quando vado fuori la esalto come se fosse la città più bella del mondo, citando in primis lo splendido Sferisterio.
Ma la cosa che da sempre mi tiene fermamente legata a Macerata è la Lube, la squadra che seguo da quando sono una bambina. Ormai è passato quasi un decennio dalla prima volta in cui ho messo piede al Fontescodella, quel palazzetto così piccolo ma così pieno di calore, e mai avrei immaginato che sarebbe diventato col tempo la mia seconda casa. Lì ho conosciuto persone stupende di tutte le età con le quali ho condiviso questo grande percorso. Persone con le quali sono diventata amica, tanto che quando magari c'era una partita non troppo interessante il motivo per cui andavo al palas era proprio quello di incontrarmi con esse. Ho anche conosciuto tifosi di altre città e squadre, con i quali durante le sfide ci si insultava, ma con cui ci si ritrovava a fine partita come se niente fosse.
Ho vissuto tantissime emozioni contrastanti.
Ho gioito per le grandi vittorie, e ce ne sono state tante; ho pianto lacrime di gioia e di delusione; mi sono sentita tradita e arrabbiata con la squadra e lo staff quando abbiamo preso batoste incredibili, e anche di queste ce ne sono state tante. Ho sopportato critiche aspre e spesso gratuite verso noi tifosi maceratesi. Ho partecipato a così tante trasferte che neanche riesco più a contarle per quante sono: giornate stupende, vissute come una sorta di gita in compagnia di persone alle quali volevo bene. Ci si divertiva, si rideva, si scherzava e anche se si perdeva 3-0 dopo aver macinato centinaia di km non si riusciva mai a essere tristi per troppo tempo.
Ho conosciuto campioni grandissimi che mi hanno fatto capire ancor di più la bellezza di questo sport, uno sport in cui a fine partita puoi avvicinare il tuo campione del cuore, scambiare qualche battuta e magari diventarne anche amico. Tengo tutti gli autografi e le foto (che sono tantissime) scattate in questi anni in un album che custodisco gelosamente. Un giorno lo mostrerò fiera ai miei figli o nipoti sperando che anche loro avranno la fortuna di poter vivere una passione così bella e forte come la mia.
Quanto mi sentivo orgogliosa quando andando in vacanza, anche all'estero magari, e affermando di essere marchigiana di Macerata, mi sentivo rispondere "Ah, Macerata! Lube, pallavolo!".
Mi sentivo di appartenere a questa squadra, come se davvero il mio contributo fosse fondamentale per vincere, come se fossi io stessa un giocatore che scendeva in campo.
Voglio essere chiara: con questo non voglio convincere nessuno a non andare al palazzetto a Civitanova, ognuno è libero di decidere da solo cosa fare, non giudico le scelte altrui, ma non voglio neanche che gli altri giudichino le mie. Non voglio neanche fare polemica, conosco bene i motivi che hanno spinto la società a questo spostamento, ma non ce la faccio a tifare per una squadra che non mi rappresenta più, che non sento più come mia. Una squadra si può comprare, la fede in essa no. Mai.
So anche che la mia assenza non verrà notata da nessuno e che il mio posto vuoto verrà rimpiazzato da decine e decine di persone che magari gioiranno, soffriranno e seguiranno la squadra in capo al mondo come ho fatto io in questi anni, ma non mi importa. Un tifoso non tifa per comparire in tv quando si vince, lo fa per PASSIONE.
Quella passione che non sarà mai più la stessa per me.
Perché la Lube E' Macerata, E' il Fontescodella e per me la Lube cessa di esistere da ora.
La mia prima trasferta è stata a Perugia e, per uno strano scherzo del destino, anche l'ultima è stata in terra perugina. La vittoria dell'ultimo scudetto è stata la più bella in assoluto, forse perché sapevo già fosse l'ultimo successo, forse perché ho saputo solo 15 ore prima della partenza di poter andare al PalaEvangelisti o forse perché è stato l'unico scudetto vinto davvero fuori casa... in ogni caso, non ho rimpianti. Ho chiuso da vincente, con le foto con la coppa in mano e i grandi festeggiamenti che sono seguiti e non avrei davvero potuto chiedere di meglio.
Chiudo con questo coro che ho sempre cantato a squarciagola e che rappresenta il mio pensiero:
"Biancorossa è la nostra bandiera, biancorossa è la nostra città, biancorossa è la nostra bandiera e biancorossa PER SEMPRE resterà"